mercoledì 16 dicembre 2009

L’influenza A, una bufala da 20miliardi di dollari




In Italia su 5milioni di dosi disponibili, le vaccinazioni sono state poco più di 600mila. Gli allarmi dell’Oms e di molti media si sono rivelati eccessivi se non addirittura un bluff, che però a conti fatti, hanno favorito solo le grandi multinazionali del farmaco.

Quanto è costato il piano vaccinazione agli italiani? Ad oggi manca ancora un dato preciso. Secondo il Codacons, l’associazione che tutela i diritti dei consumatori, che ha chiesto al governo di far luce sui costi sostenuti per l’acquisto dei vaccini per l’influenza A, sembra molto. “Non vogliamo – ha sostenuto il presidente Carlo Rienzi – si facciano regali all’industria farmaceutica”. Marie-Paule Kieny, capo del settore ricerca dell’ Organizzazione mondiale della Sanità ha provato a rassicurarci qualche tempo fa. Ha riferito che una dose di vaccino viene venduta dalle industrie farmaceutiche tra i 2,5 ed i 20 dollari, ma il prezzo verrà differenziato per ogni nazione. I paesi di prima fascia, i più ricchi, pagheranno tra i 10 ed i 20 dollari, i paesi del secondo mondo circa la metà , quelli del terzo di nuovo il 50% di quelli del secondo mondo. Da un semplice calcolo risulta che se fosse stato reso disponibile il vaccino per il 60% degli italiani si sarebbero spesi, a 20 dollari per dose, 720 milioni di dollari pari a più di 500 milioni di euro. Secondo le ultime informazioni disponibili nel bollettino del Ministero della Salute di mercoledì scorso, le vaccinazioni effettuate sono state 611.425 prime dosi e 1.666 seconde dosi. In totale, però, sono state distribuite 5.030.851 dosi di vaccino. Eppure, si era detto che doveva essere una sorta di castigo biblico. Una pandemia di rare proporzioni, con l’aggravante di terribili complicazioni per la salute dell’uomo. Invece l’influenza A, già suina e poi classificata con la quasi misteriosa sigla H1N1, si è palesata molto meno pericolosa della consueta influenza stagionale che, a cadenza annuale, puntualmente mette a letto milioni di italiani. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, per bocca del suo vicedirettore generale, Keiji Fukuda ha fatto un repentino dietrofront, ridimensionando drasticamente il numero accertato delle vittime riconducibili alla sola influenza suina. “Al di là del numero dei morti effettivi per contagio – ha sostenuto Fukuda – i casi di influenza certificati da test in laboratorio sono 79 e solo 7, tutti in Messico, si può dire con sicurezza che abbiano avuto un esito letale determinato esclusivamente dalla nuova influenza”.

PRECEDENTI ILLUSTRI - Eppure la stessa Oms aveva contribuito non poco all’escalation allarmistica propagatasi sui mass media e, di conseguenza, nella stessa opinione pubblica. L’Oms, per la verità, non è nuova a questa inquietante pratica di divulgazione dei pericoli legati alle pandemie o supposte tali. Infatti, era già successo con la cosiddetta influenza aviaria e, prima ancora, con la famigerata sindrome della mucca pazza. Il risultato di questi allarmi, quantomeno poco ponderati, si è misurato in costi assai elevati per l’economia, con gravi danni alle stesse produzioni avicole e bovine. Per non parlare poi delle pesanti ripercussioni in termini di posti di lavoro persi, di filiere produttive e colture drasticamente ridotte. Insomma, anni ed anni di sacrifici sono finiti, non solo letteralmente, in fumo poiché gli stessi animali sono stati soppressi e poi inceneriti. Pandemie annunciate e poi cadute nel dimenticatoio. Paure ingiustificate che hanno provocato senza ragione un crollo nei consumi con perdite stimate solo nel nostro Paese di 2miliardi per la mucca pazza e un miliardo per il pollame con l’aviaria. Higeru Omi, direttore dell’ufficio dell’Oms del sud-est asiatico, dopo il secondo decesso in Thailandia dovuto all’influenza aviaria, decretava: “Il virus dei polli può fare milioni di morti, i governi ci aiutino a combattere l’epidemia”. Il bilancio definitivo dell’aviaria ha provocato, secondo i dati della stessa Oms, 421 contagi e 257 morti. E che dire della Sars, la sindrome respiratoria acuta, che doveva proseguire l’opera devastatrice dell’aviaria. “La minaccia viene dall’Asia”, sosteneva allarmato Harlem Bruntland dell’Oms di Ginevra. La paura dilagò in mezzo mondo. L’anno successivo, in un altro bollettino dell’Oms, si ridimensionava la pandemia. 8.100 casi, 774 morti in tutto il mondo. Per la suina è scesa in campo la stessa la direttrice dell’ Organizzazione, Margaret Chan. “E’ un supervirus ignoto – ha detto la Chan -che contiene i tratti genetici di quattro virus”. Sono state pronosticate centinaia di migliaia di possibili vittime nel mondo. Adesso è venuto fuori, come detto, che nel solo Messico, ovvero nell’ epicentro di questa supposta pandemia, sono state solo 7 le vittime sicuramente riconducibili al virus H1N1. Si tratta quindi di cifre assai diverse da quelle della “comune” influenza annuale che, sempre in base ai dati Oms, colpisce da 3 a 5 milioni di persone nel mondo ogni anno e ne uccide circa mezzo milione e per questo viene considerata sempre la terza causa di morte per malattie infettive dopo Aids e Tbc.

MA COS’È QUESTA OMS? – Oms oppure Who (World Health Organization) è l’agenzia della salute delle Nazioni Unite. Ha sede in Svizzera, a Ginevra per la precisione. E’ per costi, al primo posto nel budget spese dell’Onu. Conta 58mila dipendenti distribuiti nelle trenta agenzie sparse per il mondo La quarta agenzia Onu per affollamento di personale. Il 50% di questi dipendenti è inquadrato tra il quarto e il quinto livello con un salario medio lordo che si aggira attorno ai 150mila dollari annui. Ai dipendenti bisogna poi affiancare i collaboratori ed i consulenti notoriamente esperti super pagati. A questo punto entrano in gioco altri potentissimi “sponsor”. Le multinazionali del farmaco, le quali alimentano questo carrozzone mondiale con la scusa di finanziare ricerche, studi e sperimentazioni sotto l’egida dell’Oms. Il famoso farmaco Tamiflu, venduto ai governi di tutto il pianeta ai tempi dell’aviaria e fortemente caldeggiato dall’Oms, ha guadagnato tra il 2006 e il 2007 oltre 3,5 miliardi di dollari.

LA BUFALA D’ORO – Da quanto detto sinora emerge abbastanza chiaramente che l’influenza suina è una bufala almeno quanto lo è stata quell’aviaria, alimentata dal grande interesse economico delle case farmaceutiche produttrici dei vaccini e dei medicinali. Il sospetto che dietro l’allarme ci siano le stesse aziende del farmaco è quindi tutt’altro che campato in aria. Un esempio concreto, come ci svela Luca Marcon sul suo blog è quello della multinazionale elvetica Novartis. All’inizio del 2009 le sue azioni cominciano a calare passando dagli iniziali 52 dollari a poco meno di 35, con una perdita del 33%. Ad inizio aprile 2009 iniziarono, però, a diffondersi sui media le prime notizie di una sedicente “pandemia influenzale”. Il 25 aprile, in Italia, il Corriere della Sera titolava: “Virus dai maiali all’ uomo Messico, decine di morti” e ancora: “Un’infezione che ricorda l’ aviaria: può portare a epidemie”, trascurando, come detto, che l’aviaria è stata un sostanziale bluff. Si inizia così a parlare di acquisti di massa (per svariati miliardi di dollari) di vaccini e medicinali da parte delle strutture sanitarie degli stati occidentali per arginare la “pandemia”. Guarda caso, proprio allora, le azioni della Novartis e quelle di numerose altre multinazionali farmaceutiche cominciano a salire. A giugno (due mesi dopo) iniziano a sorgere i primi dubbi sul fatto che i vaccini non siano abbastanza sperimentati e abbiano diverse controindicazioni. Chi aveva acquistato le azioni, vende subito per speculare un guadagno: eventuali class action, del resto, potrebbero portare ad un nuovo crollo delle azioni delle multinazionali farmaceutiche. Le azioni Novartis subiscono infatti un nuovo stop.

ARRIVA BARACK - La segretaria del Dipartimento alla salute ed ai servizi sociali degli Usa, Kathleen Sebelius, amica e sostenitrice di Barack Obama, firma un decreto che concede l’immunità legale alle aziende farmaceutiche produttrici dei vaccini. Le quali, da allora in poi, non dovranno più temere alcun danno economico per eventuali cause di risarcimento. Le azioni Novartis schizzano nuovamente a 52 dollari. Passa qualche mese, siamo ad ottobre per la precisione, e scopriamo sulle pagine economiche di Repubblica che: “La svizzera Novartis ha annunciato ieri che nel solo quarto trimestre le vendite del Focetria, uno dei tre farmaci anti-H1N1 approvati in Europa, aggiungeranno tra i 400 e i 700 milioni di dollari ai suoi ricavi. Una pioggia d’ oro destinata a gonfiare anche i conti del 2010, visto che la domanda di vaccini pandemici – come ha ammesso l’ Oms – è e rimarrà per un paio d’anni almeno doppia rispetto alla capacità produttiva dei big della farmaceutica. I governi dei paesi più ricchi, non a caso, hanno messo le mani avanti da tempo, prenotando milioni di dosi (il costo è di circa 7,9 dollari l’ una, lo stesso dell’ anti-influenzale tradizionale) presso le aziende che stanno sviluppando i nuovi prodotti. L’ inglese Glaxo ha venduto a 22 nazioni 440 milioni di confezioni del suo Pandemrix, con un incasso già arrivato a 3,5 miliardi di dollari, annunciando che sono in arrivo altri accordi da centinaia di milioni. Vendite da capogiro sono previste anche per il Celvapan della Baxter, per cui è arrivato il disco verde delle autorità nelle ultime settimane. La francese Sanofi ha in portafoglio ordini per 250 milioni dagli Stati Uniti ancora prima dell’ ok al suo vaccino, cifra simile a quella che si è già messa in cassa l’ australiana Csl. L’ Oms stima che il giro d’ affari complessivo per il vaccino contro l’ H1N1 possa arrivare a quota 20miliardi di dollari”. Sì avete letto bene: 20miliardi di dollari per una bufala mediatica.

di Pietro Salvato

http://www.giornalettismo.com/archives/44545/l%E2%80%99influenza-a-una-bufala-da-20miliardi-di-dollari/

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